mercoledì 18 febbraio 2009

Una vita Tata

In Italia siamo abituati a considerare Tata unicamente come un produttore di automobili, non rendendoci conto delle effettive dimensioni del gruppo industriale fondato nel 1868 da Jamshetji Tata, discendente di una famiglia di sacerdoti Parsi del Gujarat. Quello che cominciò sul finire del XIX Secolo come un piccolo stabilimento tessile per la lavorazione del cotone a Nagpur divenne nel corso degli anni un'immenso impero economico, capace di avere interessi in molti ambiti della vita del consumatore indiano, come Vijay, il protagonista di questo breve racconto.
Il sole comincia a penetrare tra le tende e Vijay si sveglia. Sono le sette di una mattina come tante altre a Mumbai e, per vederci meglio, Vijay accende la luce grazie all'energia fornita dalla Tata Power. In cucina, la moglie Meenu sta facendo bollire la miscela di acqua e latte, dove poi metterà qualche busta di Tata Tea, e preparando le parantha, dosando sapientemente farina, spezie e il sale Tata. Vijay finisce di prepararsi, si infila l'orologio Titan, prodotto dalla Tata, e si reca in sala per la colazione e per guardare i notiziari, grazie al nuovo decoder satellitare Tata Sky. Sta finendo la sua colazione quando suona il suo cellulare, per il quale ha scelto un abbonamento Tata Indicom; Vijay sta invecchiando e per vedere il numero che lo sta chiamando deve inforcare gli occhiali Titan Eye: è Malhotra, un suo collega, che vuole comunicargli l'anticipazione della riunione prevista per le ore 15.00 alle 14.30. Poco male, risponde Vijay quasi meccanicamente, mentre arrivano finalmente a tavola suo figlio Amit, 27 anni, una laurea in informatica ed un buon posto alla Tata Consultancy, sua figlia Neeta, più piccola, in vacanza dai genitori per una pausa nelle lezioni all'Indian Insitute of Science di Bangalore, creato per volontà di Jamshetji Tata. Vijay guarda la sua famiglia riunita ed è contento, pensa di aver fatto un buon lavoro... a proposito di lavoro, se non si muove rischia di arrivare tardi e il traffico di Mumbai è spietato. Saluta la sua famiglia, si infila la giacca e scende verso la sua macchina, una Tata Indica rossa. Mentre sale in macchina pensa di andare a trovare un giorno l'altro suo nipote, Prakash, che lavora in un hotel della catena Taj Hotels a Jaipur.
La strada è già affollata, ci metterà almeno un'ora ad essere al suo ufficio alla Tata Steel. Poco male, si ripete Vijay, ho sempre la mia autoradio Sony a tenermi compagnia.
Nota di redazione: avrei potuto andare ancora avanti, aggiungere altri dettagli, ma mi sembra che questo racconto, così com'è, già dia una forte idea della penetrazione dell'impero Tata nella vita di tutti gli indiani.

Nessun commento: