martedì 24 marzo 2009

Sta arrivando

Annunciata in pompa magna all'AutoExpo di New Delhi nel gennaio del 2008 e al 78° Salone dell'Auto di Ginevra nel marzo dello stesso anno, dal 1 aprile sarà disponibile sul mercato la Tata Nano, l'auto del popolo, destinata a rivoluzionare il mercato automobilistico indiano, e non solo. Nata come una sfida personale di Ratan Tata, il patron dell'omonimo impero industriale, dopo aver attraversato numerose traversie, legate principalmente alle proteste dei contadini del West Bengal contro l'esproprio delle terre per la costruzione della fabbrica dedicata, che hanno costretto allo spostamento della produzione in Gujarat, la People's Car arriva finalmente nelle showroom di tutta la Nazione. La Nano sarà venduta al prezzo di 100.000 rupie (1.450 Euro circa al cambio odierno), cifra estremamente simbolica della mentalità indiana, tant'è che ad essa viene assegnato un nome specifico nel sistema di computazione, il lakh.

Considerato che una moto costa, al top della gamma, tra le 80.000 e le 120.000 rupie, è naturale immaginare che le orde di motorini che intasano le strade delle metropoli indiane e su cui si viaggia in numero variabile da una a quattro persone verranno presto sostituite da orde di Nano, ma quale sarà l'effettivo impatto? Tralasciando valutazioni personali sulle assai scarse capacità automobilistiche della maggior parte degli indiani, sebbene condivise, vi sono due considerazioni decisamente più oggettive.

La prima è di natura ambientale: è vero che la Nano si attiene alle norme di emissione più avanzate in India, ma è anche vero che lo standard in questione, noto come Bharat Stage III, come si può intuire corrisponde al nostro Euro III. Se le previsioni di vendita di un milione di vetture all'anno si riveleranno azzeccate, si correrà effettivamente il rischio di un notevole impatto sull'inquinamento atmosferico, che nelle metropoli come Kolkata supera ampiamente i livelli di guardia.

La seconda invece riguarda la situazione infrastrutturale del Paese: la rete stradale delle principali metropoli è già totalmente congestionata dall'enorme volume di traffico, dalla generale indisciplinatezza degli automobilisti e da alcune brillanti soluzioni, quali i totalmente inutili posti di blocco della polizia, curiosamente sempre posizionati sulle strade più trafficate e nelle ore di punta. Questa situazione si aggrava ulteriormente con le piogge torrenziali del periodo dei monsoni, da luglio a settembre, con casi eclatanti come la quasi totale paralisi di Mumbai. Aggiungere un milione di veicoli in più all'anno, dei quali la maggior parte sicuramente andrà nelle metropoli e nelle città di "Fascia II", nelle quali è concentrata la maggior parte della ricchezza della Nazione, potrebbe significare il definitivo collasso della rete stradale.

Come tutte le rivoluzioni, anche quella della Nano avrà, due facce: oltre a indubbi benefici ad un mercato, quello dell'auto, che anche in India sta attraversando una fase di stagnazione, bisognerà aspettarsi anche degli svantaggi. Con buona pace di chi, come me, passa nel traffico delle metropoli indiane parte delle sue giornate.

Un consiglio ai tanti che avranno pensato di fare affari tramite un'importazione parallela di Tata Nano in Italia: al momento, l'automobile non rispetta i requisiti di sicurezza stabiliti dalla EuroNCAP, quindi meglio desistere. TATA ha per altro già annunciato che verrà studiata una versione per i mercati europei, sicuramente più costosa ma in linea con i nostri requisiti ambientali e di sicurezza.

domenica 22 marzo 2009

Viaggiare in India: da Delhi a Khajuraho

Atto I - da Delhi a Gwalior

Come tutte le stazioni ferroviarie dell'India, Hazrat Nizamuddin a New Delhi è un crogiolo di umanità dove ricchi e poveri, giovani e vecchi si trovano, accomunati da un viaggio su una delle reti ferroviarie più estese al mondo. Il Gondwana Express naturalmente è in ritardo e non c'è modo migliore di ingannare l'attesa che bere un chai in un chiosco, guardando le centinaia di persone che si accalcano nella stazione. Vedere le classi più basse dei treni mi fa venire i brividi: la mancanza di qualunque forma di prenotazione fa sì che nei vagoni si ammassino persone ben oltre il limite di capienza e solo i più agili e i più fortunati possono approfittare di una delle panchine di legno. Per fortuna la classe 2A in cui mi trovo io una volta salito sul treno è decisamente migliore e, dopo un sonno ristoratore durante il viaggio, raggiungo Gwalior, la prima tappa.

La prima impressione è la stessa di tutte le città dell'India del Nord, ossia di polvere, traffico e caos, ma la vista della fortezza che dall'alto di una collina rocciosa domina la città fa dimenticare tutti gli aspetti negativi.
Come ho già avuto modo di denunciare in un precedente post, il Forte di Gwalior, pur non avendo nulla da invidiare alle più rinomate fortezze del Rajasthan, giace in uno stato di forte incuria, dovuta verosimilmente al fatto che, non essendo una meta molto gettonata da parte dei turisti occidentali, non vi sono particolari interessi nel conservare al meglio l'area. L'altra faccia di questa medaglia è l'estrema cordialità della gente, che non ha ancora piegato la tradizionale ospitalità indiana alle esigenze del business, come testimonia il rifiuto di servire carne di agnello in un ristorante perché vecchia di un giorno.

Nella luce soffusa del tramonto, scendendo dalla rocca verso la città, si incrocia lo sguardo delle statue dei Tirthankar giainisti, la cui aura di seraficità impressa da secoli nella roccia non può non riportare alla mente le parole di Max Mueller: " Se mi venisse chiesto sotto quale cielo l'ingegno umano ha sviluppato alcuni dei suoi doni migliori, ha più profondamente ponderato sui più grandi problemi della vita ed ha trovato delle soluzioni, indicherei l'India".


Atto II - Da Gwalior a Orchha

Il Gondwana Express lentamente si avvia fuori della stazione di Gwalior e percorre le campagne sonnolente del Madhya Pradesh del nord, costeggiando le testimonianze in rovina di quelli che furono potenti Stati, come l'imponente e totalmente negletto palazzo di Datia. Il nome di Jhansi, importante nodo ferroviario e tappa obbligata per raggiungere Khajuraho, riecheggia nelle cronache delle lotte indiane per l'indipendenza: dal suo seicentesco forte infatti la Rani Lakshmibai, figura entrata a pieno titolo nel pantheon di eroi dell'India indipendente, mosse battaglia alle truppe inglesi durante la rivolta del 1857, cadendo nei pressi di Gwalior.

Ad una manciata di chilometri da Jhansi,
in un leggero avvallamento sulle rive del fiume Betwa, si trova Orchha, uno dei gioielli della regione del Bundelkhand. Dalle finestre dell'imponente palazzo si gode una vista magnifica sulla piana, la cui uniformità è intervallata unicamente dalle guglie dei numerosi templi costruiti a partire dal XVI secolo.

Atto III - Da Orchha a Khajuraho

Mancando un qualunque collegamento ferroviario, per raggiungere Khajuraho bisogna per forza affidarsi o ai numerosissimi pullman o ad un taxi privato. Le pessime condizioni della strada non permettono di superare una media dei 30 km/h in pullman o 50 km/h in auto, rendendo incredibilmente lungo un viaggio di circa 180 km. Se a Ranipur e Chhatarpur, tappe obbligate dei pullman sulla NH75, la presenza degli occidentali suscita curiosità ma non particolare stupore, diversa è l'impressione sugli abitanti dei villaggi di Mao e Nowgong, per cui il vedere dei bianchi scendere da una macchina e andare verso un banchetto di succhi di frutta non deve aver dato sensazioni diverse dal vedere degli alieni sbarcare da un disco volante.

Dopo un viaggio che sembra interminabile, si raggiunge finalmente Khajuraho, dove ad un'alta affluenza di turisti corrisponde, quasi logicamente, un gran numero di procacciatori d'affari, che in quasi tutte le lingue del mondo invitano i turisti nelle decine di negozi e alberghetti sparsi per la città. Famosa per i suoi templi decorati con motivi erotici (questa è una definizione molto da guida turistica, io parlerei tranquillamente di pornografici), Patrimonio dell'Umanità, Khajuraho è l'esatto opposto di Gwalior, ben tenuta, curata e oggetto di continui restauri. Anche se l'insistenza di venditori e procacciatori può essere a tratti snervante, rappresenta sicuramente una meta affascinante.