martedì 28 aprile 2009

Viaggiare in India: Jodhpur

Jodhpur, l'antica capitale del Marwar, da cui gli eserciti dei Rajput, discendenti mitologici del Sole stesso, mossero guerra al potente Impero Moghul, riuscendo a mantenere la propria fiera indipendenza. Jodhpur, la fiabesca città blu dominata da secoli dall'imponente Mehrangarh, che nemmeno i più ingegnosi assedi riuscirono a conquistare. Jodhpur, da cui generazioni di intraprendenti mercanti Marwari sfidarono il deserto del Thar in nome della ricchezza. Peccato che nessuna di queste antiche e gloriose immagini, complice una poco felice ubicazione, giunga alla mente arrivando alla stazione degli autobus: i palazzi non sono blu, il forte non si riesce a scorgere e l'unico assedio a cui si assiste è quello dei guidatori di autorickshaw che cercano di accaparrarsi i turisti.

Bastano però pochi minuti di
autorickshaw perché davanti agli occhi si presenti uno scenario fiabesco: la città vecchia sembra un lago di indaco e su di essa si staglia in tutta la sua imponenza il grande forte dei Rathore, il Mehrangarh, la cittadella del Sole. Voluto nel 1459 da Rao Jodha, quindicesimo Raja di Rathore e rimaneggiato nel corso dei secoli dai suoi successori, il forte sembra la naturale prosecuzione della collina su cui è posizionato, a circa 125 metri sopra la città. Alla sua conservazione ed a tutte le attività turistiche, culturali e museali provvede una fondazione, la Mehrangarh Museum Trust, presieduta da Gaj Singh II, l'odierno Maharaja di Jodhpur. Il lavoro svolto dal trust è encomiabile: il forte è in un perfetto stato di conservazione, decine di operai sono continuamente al lavoro per preservare i tesori architettonici del forte dall'inclemente clima del Marwar e nessun accorgimento è stato lasciato al caso per rendere la visita al forte piacevole. Una particolare nota di merito va alle audioguide, che normalmente io detesto, in perfetto italiano e ricche di informazioni utili ed approfondimenti.

Scendendo dal Mehrangarh si arriva, attraversando la città vecchia dai muri dipinti di indaco, al Bazaar, dedalo di vicoletti dove centinaia di negozi vendono di tutto, dalle spezie all'elettronica, dalla verdura all'artigianato in legno. Gli occhi sono rapiti dal trionfo di colori rappresentato dalle spezie sulle bancarelle, le grida dei mercanti che invitano le persone a comprare nel loro negozio si mischiano in una cacofonia di suoni. Si alza un alito di vento, insufficiente a portare un minimo di sollievo dalla calura ma abbastanza da sollevare il curry e il peperoncino e a depositarlo gentilmente nei miei occhi, con grande ilarità dei passanti. Il clima inclemente rende necessaria una continua idratazione e scopro gusti nuovi, dal
makhania lassi, specialità di Jodhpur a base di yoghurt, zafferano e burro, al frullato di papaya.

Per cercare di sfuggire alla calura, un'altra ottima soluzione è spostarsi a Mandore, ad una decina di chilometri dal centro città, dove una volta sorgeva l'antica capitale dei Rathore, prima della fondazione di Jodhpur. Oggi questa località, divenuta negli anni un sobborgo di Jodhpur, ospita un piacevole parco, dove si può passeggiare tra i cenotafi dei Maharaja ed ammirare la
Hall of Heroes, un galleria di quindici statue dove mito e realtà si incontrano, dove accanto alle raffigurazioni delle divinità trovano spazio quelle dei condottieri Rathore.

Giunge la sera e il dovere mi chiama indietro a Delhi: dopo un lauto pasto e un paio di birre, alle 22.00 salgo su un pullman del Rajasthan State Road Transport Corporation. Alle 05.00 sarò a Jaipur, dopodiché troverò anche un modo di tornare a Delhi. Forse.