martedì 23 dicembre 2008

Auguri!!!

Con il rimpatrio natalizio dell'autore, "Fare l'indiano" va in ferie. Riaprirà a gennaio, credo attorno al 10 - 15, a seconda della data di rientro in India.

Non posso che augurare buone feste a tutti.

Davide

domenica 14 dicembre 2008

La "r" magica

Questo post contiene un'elevata quantità di scetticismo e di "r"

L'uomo nell'ufficio, mentre sbriga alcune pratiche, mi invita a leggere un articolo da lui scritto su una rivista di astrologia, riguardo all'importanza della "r" nel nome, per coloro che aspirano alla carica di Primo Ministro dell'Unione Indiana. L'articolo elenca tutti i Premier dell'India, da Jawaha
rlal Nehru, a Indira Gandhi, da Atal Bihari Vajpayee a Manmohan Singh... Avete letto bene: di per sé, Manmohan Singh non contiene alcuna "r", ma il nostro non si lascia scoraggiare, ed arriva ad usare il titolo dell'attuale Premier indiano, ossia Dr., per giustificare la sua teoria, denunciando per altro come alla base della travagliata vicenda relativa alla nomina del Primo Ministro vi sia stata proprio la mancanza della "r" nel nome, ma unicamente nel titolo. Ostento cinque secondi di finto orgoglio per avere anch'io una "r" nel mio cognome, unicamente per evitare una reazione più spontanea ma sicuramente meno delicata e, dopo aver insistentemente rifiutato una lettura della mano, esco dall'ufficio, se non altro con le pratiche concluse.

Tornando verso casa, mi viene in mente un episodio allora curioso, ma di cui adesso comprendo il significato: nei primi giorni della mia permanenza a Delhi, il mio allora capo insistette perché io mi facessi fare il cosiddetto quadro astrale, ossia una determinazione del mio presente, nonché del mio futuro, partendo dalla posizione di stelle e pianeti nel momento della mia nascita. Come immagino accada sempre, il moderno aruspice, che per il calcolo del mio quadro astrale si avvalse di un software apposito, azzeccò alcune cose ed altre no. La parte più interessante non riguarda però tanto la scoperta del mio destino, quanto l'ammirazione e, in un certo modo, l'apprensione che vidi nelle facce dei presenti mentre l'astrologo compilava il suo responso. Probabilmente non esagero nel sostenere che, in parte, la mia permanenza a Delhi dipese da quel quadro astrale positivo.

In India, il confine tra la religione e quella che noi consideriamo magia è molto labile, spesso addirittura inesistente: l'astrologia è parte integrante dell'Induismo e rappresenta lo strumento principale a disposizione dell'umanità per interpretare la volontà degli dei e per determinare i momenti positivi del karma di ogni azione. Presso gli imprenditori indiani più religiosi, è pratica diffusa il consultare un astrologo per determinare il giorno migliore per la firma di un contratto, o per l'apertura di un nuovo ufficio. Nelle famiglie, uno dei criteri più diffusi per la selezione del futuro genero o della futura nuora è proprio il confronto dei rispettivi quadri astrali.

Non mancano altre pratiche per scrutare il destino di una persona, quale la chiromanzia, o per convogliare la benevolenza degli dei, tramite l'apposizione di simboli religiosi. Emblematico in tal senso è stato vedere apporre da un imprenditore indiano tutta una serie di svastiche, ossia il simbolo di Ganesh, il dio che rimuove gli ostacoli, su un contratto di fornitura di tecnologia. Anche le anime dei defunti possono intercedere presso gli dei per favorire i parenti ancora in vita e per proteggere i luoghi in cui hanno vissuto, come testimonia la foto del defunto padre della mia padrona di casa, che austero veglia sul mio salotto, incoronato da ghirlande di fiori.


Vivere in India significa vivere in contatto quotidiano con una serie di credenze, che noi occidentali facilmente possiamo bollare come magia o superstizione, ma che risvegliano in noi un ricordo ancestrale, memorie di pratiche comuni alle antiche civiltà e che da noi, in Italia, sono tutt'altro che morte.

lunedì 8 dicembre 2008

Reingegnerizzazione

1.056 miliardi di rupie o, se preferite, circa 22 miliardi di dollari: tale è l'entità del budget previsto dall'Unione Indiana nell'anno fiscale 2008 - 2009 per le spese correlate al mantenimento e all'ammodernamento della terza forza militare più grande del pianeta. Una parte di questo sterminato budget, non quantificata ma sicuramente risibile, viene dedicata ad uno studio di ricerca e sviluppo o, più propriamente, di reingegnerizzazione decisamente particolare, poiché non basato sulle tecnologie più d'avanguardia nel settore, ma su un testo antico di almeno 1.600 anni.

Il testo è in questione è l'Arthashastra, manuale di politica scritto non prima del II secolo d.C., ma probabilmente ispirato da fonti più antiche, ed attribuito a due oscuri autori, Kautilya e Vishnugupta. In esso, l'esercito indiano cerca una scienza dimenticata in diversi campi, dal sostentamento delle truppe alla guerra batteriologica, come si evince da un articolo della BBC datato 14 maggio 2002, intitolato "India defence looks to ancient text" (La difesa indiana guarda ai testi antichi), che primo ha suscitato la mia curiosità nell'argomento.

Il Libro XIV dell'Artashastra, intitolato "Mezzi segreti", contiene effettivamente diverse soluzioni "ayurvediche" per la supremazia in guerra, con metodi che richiamano, nel risultato, forme di guerra chimica. Per dare un'idea, cito alcuni passaggi del testo:
  • "Il fumo causato dal bruciare una polvere ottenuta dalla mescolanza di ptikita (un insetto), pesce, katutumbi (zucca amara), corteccia di satakardama e indragopa (cocciniglia) [...] causa cecità."
  • "Il fumo causato dal bruciare una mistura di polveri di krikana (pernice) krikalsa (lucertola), grihagaulika (altra varietà di lucertola) e andh hika (un serpente cieco) distrugge gli occhi e provoca pazzia.
Gli scienziati del Defence Research and Devlopment Organization sembrano però maggiormente concentrati su un rimedio presentato all'inizio del capitolo II, secondo il quale "una dose della polvere [ottenuta mescolando] sirsha (mimosa), udumbara (pianta del fico) e sami (acacia), mescolata con burro chiarificato, rende possibile digiunare per metà mese". Il metodo , assieme ad altri riportati che garantiscono un'efficacia ancora maggiore, sembra in sé molto interessante, in quanto permetterebbe ai soldati al fronte, specialmente in zone come il Kashmir, dove la logistica e gli approvvigionamenti sono molto complessi, di resistere per settimane senza cibo, senza alcun effetto collaterale.

Naturalmente la ricerca presenta aspetti complessi, dal momento che Kautilya si limita ad indicare gli ingredienti, ma non in che percentuale essi debbano entrare nella composizione di polveri e cataplasmi vari presentati. Per contro, i prodigi che porterebbe una completa e corretta applicazione dei principi dell'Arthashastra renderebbero inutili diverse innovazioni tecnologiche che proprio in campo militare hanno trovato una prima applicazione, come gli occhiali a infrarossi per la visione notturna, facilmente sostituibili con una polvere ottenuta dagli occhi di diversi animali notturni. L'antico testo presenta addirittura soluzioni per tecnologie attualmente ad uno stadio embrionale, come quella sul "mantello dell'invisibilità", per cui vengono proposte diverse soluzioni al capitolo III, "Sull'applicazione di medicine e mantra".

Del più ampio movimento di pensiero che intravede nel ritorno alle antiche saggezze la chiave per un domani "migliore", che trova in India e non solo molti sostenitori, l'utilizzo di una sapienza antica di almeno sedici secoli per ottenere la supremazia in battaglia rappresenta sicuramente un aspetto affascinante e al contempo pericoloso. Una domanda, per usare un adagio popolare, sorge spontanea: se davvero tali rimedi funzionano, perché sono stati dimenticati?


Nota bibliografica
La traduzione dell'Artashastra a cui faccio riferimento è quella di Shamasastry del 1915, il cui testo completo è qui disponibile
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sabato 6 dicembre 2008

I nuovi martiri

"Some "former slaves" were being "persecuted" and intimidated by the landlords for "seeking to work for whom they choose." As a result of CMS (Church Mission Society) missionary interest in "runaway" slaves, and the CMS missionaries’ continued pressure on the State government, Pulayas were protected from further violence. The landlords were warned by the government against physical violence against dalits."

"Alcuni "ex-schiavi" sono stati "perseguitati" e intimidati dai loro padroni per "aver cercato di lavorare per coloro che hanno scelto". Quale risultato dell'interesse missionario della CMS (Società della Missione Cristiana) negli schiavi "fuggiti" e delle continue pressioni dei missionari della CMS sul Governo statale, i Pulaya sono stati messi sotto protezione contro ulteriori violenze. I padroni sono stati avvisati dal Governo sulle coneguenze di ulteriori violenze fisiche contro gli intoccabili."


A chi ha seguito negli ultimi mesi le cronache delle persecuzioni messe in atto contro i Cristiani in alcune zone dell'India, in particolare nello stato dell'Orissa, questo resoconto potrà sembrare di sconvolgente attualità. Si tratta, invece, di un rapporto del Governo locale sui disordini scoppiati a Travancore in seguito ad una conversione di massa di dalit (intoccabili), redatto nel 1858. Nel mondo cristiano, naturalmente, la notizia di quello che a tutti gli effetti si può definire un martirio ha lasciato l'opinione pubblica scioccata ma lo stesso fatto, nell'ottica indiana, si inserisce in un ben più vasto contesto.

Ritengo innanzitutto fondamentale porsi una domanda: chi sono i convertiti, e perché attirano tanto odio? La maggior parte delle conversioni avviene tra i dalit e gli adivasi, due tra le fasce più basse della società indiana, in cui, sebbene aborrito dalla Costituzione repubblicana, il sistema delle caste vige ancora e non sembra voler dare segni di cedimento, eccetto che, forse, nelle grandi città. La motivazione della discriminazione e dello sfruttamento di queste categorie, ben noti ha radici molto antiche: dalit (un termine "politicamente corretto" per indicare gli intoccabili) e adivasi (lett. "abitanti originari") sono i discendenti delle popolazioni originarie dell'India, sottomesse attorno al 1.500 a.C. dagli invasori indoeuropei provenienti dal Caucaso settentrionale, che introdussero in India il concetto della suddivisione della società in caste, non a caso indicato dal termine sanscrito Varna, ossia colore (della pelle). La religione induista, ossia la religione importata in India dagli indoeuropei, ha per secoli fornito la giustificazione teologica per l'oppressione e lo sfruttamento delle fasce più basse della popolazione, finché queste non hanno cominciato a sviluppare una coscienza di classe. L'obiezione, nel sistema sociale induista, non poteva che essere di natura religiosa, e questa portò ad un sempre maggior numero di conversioni, evolutosi in fenomeni di conversioni di massa, di cui i fatti di Travancore furono precursori, caldeggiate nel XX secolo dai nuovi leader politici di origine dalit o adivasi come strumento di liberazione sociale.

Il fenomeno non ha prodotto unicamente conversioni verso il Cristianesimo, ma anche e soprattutto verso altre religioni egalitarie, sia originatesi in India, come il Buddhismo o il Jainismo, che importate, come l'Islam. Il fenomeno ha assunto da tempo proporzioni preoccupanti per l'establishment conservatore indiano, dando luogo anche a provvedimenti al limite del paradossale: lo Stato del Gujarat, in un grossolano tentativo di bloccare le conversioni di massa, è arrivato a dichiarare in un atto legislativo chiamato, non senza una certa ironia, Gujarat Freedom of Religion Act, che Jainismo e Buddhismo sono "denominazioni" dell'Induismo e pertanto non si può parlare di conversione vera e propria. Per completare il quadro, bisogna specificare che lo Stato del Gujarat è una delle roccaforti del BJP, il partito conservatore indiano, espressione politica del movimento Hindutva, che predica un "ritorno alle radici dell'Induismo" e difende strenuamente i privilegi delle caste più alte della società indiana.

Le persecuzioni dei Cristiani in Orissa, principalmente popolazioni adivasi, perpetrate sia da attivisti del BJP che da altre tribù adivasi rimaste fedeli o all'Induismo o alla religione dei loro antenati e quindi ancora costrette nel Varna, vanno dunque inserite in questo più ampio contesto di "prevenzione" di ulteriori conversioni. Non si tratta solo di un attacco al Cristianesimo come religione in sé, ma di un attacco contro un fenomeno, di cui il Cristianesimo rappresenta un aspetto, che sta erodendo alle basi la concezione di società che ha caratterizzato l'India negli ultimi trentacinque secoli. Purtroppo, i passi che separano la paura dall'odio, e, in extrema ratio, dalla violenza sono molto brevi, specie quando la questione si sposta dal piano politico a quello religioso e dogmatico.


Nota bibliografica

Per i fatti di Travancore, ho attinto al breve saggio "Dalit Conversion and Social Protest in Travancore, 1854-1890", reperibile qui

venerdì 5 dicembre 2008

Tessere

Immaginate di cimentarvi in un puzzle molto complicato: diverse tessere giacciono nella scatola, pronte ad essere posizionate fino a formare un'immagine. Cominciate a formare i bordi con i pezzi che presentano incastri solo sui tre lati. Fin qua tutto bene. Con un po' di pazienza, riuscite a completare l'anello esterno di tesserine e cominciate a raggruppare le restanti per associazione, convinti che andranno alla fine a formare l'immagine desiderata. D'un tratto un certo numero di tessere, nella vostra mente fondamentali per completare il puzzle, scompaiono. Cosa provate? Frustrazione?

Sicuramente state provando lo stesso sentimento che molti hanno provato nel leggere la notizia, diffusa oggi dai media indiani, che Hafiz Saeed, leader di Lashkar-e-Toiba, gruppo terroristico accusato di essere il mandante e l'organizzatore della strage di Mumbai, ha negato, in un intervista alla rivista Outlook, qualunque coinvolgimento del LeT negli eventi che hanno scosso a fine novembre la capitale finanziaria dell'India. Normalmente, la logica spietata delle organizzazioni terroriste, specie se a matrice pseudo-islamica, impone il far sapere di un eventuale coinvolgimento in un attentato, specie se di tale portata, tramite una pronta rivendicazione. A riprova di ciò, si pensi alla pronta rivendicazione effettuata da al-Qaeda nei confronti degli attacchi ad obiettivi sensibili americani in Africa. In questo caso, i rappresentanti del LeT hanno fatto l'esatto opposto, togliendo al puzzle una o più tessere fondamentali.

Naturalmente, non si può escludere a priori un tentativo di depistaggio da parte del LeT, ma questa dichiarazione complica una situazione già estremamente tortuosa di suo. Il mondo guarda ancora a Islamabad, ma sicuramente con occhi diversi.

Glossario di un tremendo novembre indiano

"L'unica cosa di cui dobbiamo aver paura è la paura stessa"
Franklin Delano Roosevelt
Allinea a destra
L'informazione italiana ha, una volta ancora, dimostrato la propria
scelleratezza, perfettamente resa in un breve ma azzeccatissimo post del potente Anecòico, su mia segnalazione. Un giornale online, parlo nello specifico de L'Unità.it, non si può permettere di non verificare costantemente le fonti, onde non generare inutile panico nei lettori, specialmente in un momento come questo, in cui i recenti fatti di Mumbai lasciano nelle famiglie dei tanti italiani in India per motivi di lavoro o turismo un senso di latente preoccupazione. Ovviamente ne faccio un caso personale, dal momento che io sono in India, a New Delhi, e qualunque dei miei famigliari potrebbe aver letto in qualsiasi momento la notizia.


Credo che il modo migliore di reagire a questo fatto sia un'analisi abbastanza dettagliata, condita anche da qualche riflessione, sui tragici fatti di Mumbai e sulle loro conseguenze. Più che sugli eventi in sé, ampiamente coperti dai media, voglio concentrarmi su alcuni fatti, a mio avviso importanti per comprendere la dinamica degli attentati e le possibili ripercussioni, forse trascurati da certi giornalisti impegnati più a fare sensazionalismo che non informazione.

Provate a rileggere i fatti di Mumbai e le conseguenze così come si sono svolti, alla luce di questo piccolo glossario. Spero vi sia d'aiuto.

Al Qaeda - v. LeT, Stati Uniti e Stranieri

Deccan - il nome "Deccan Mujaheddin" non è stato scelto a caso dai terroristi: il Deccan, altopiano che si estende nella parte centrale della penisola indiana, faceva difatti una volta parte dei domini del potente Nizam di Hyderabad, protagonista, all'epoca dell'indipendenza indiana e della conseguente suddivisione del Raj britannico nelle odierne India e Pakistan (a sua volta divisosi negli attuali Pakistan e Bangladesh negli anni '70 del XX secolo) di alcuni fatti destinati ad avere una forte ripercussione nell'odierna situazione. All'indomani della Partition, infatti, il neonato governo pakistano si trovava in condizioni economiche disastrose, avendo l'India rifiutato di corrispondere al nuovo Stato le quote delle riserve monetarie accumulate dall'Impero britannico, impedendo al Pakistan persino di pagare gli stipendi dei suoi ufficiali governativi. Fu proprio Qasim Rizvi, il Nizam di Hyderabad, Stato all'epoca non ancora incluso nell'odierna federazione indiana, a salvare il Pakistan dalla bancarotta, facendo trasportare da un avventuroso pilota commerciale inglese ingenti quantità di oro, eludendo l'aviazione indiana. Lo Stato di Hyderabad, che, all'indomani dell'uscita degli inglesi dall'India, avrebbe voluto rimanere indipendente, accettando tuttalpiù lo status di Dominion dell'Impero Britannico, fu poi annesso all'Unione Indiana nel 1948, tramite un'azione di forza dell'esercito, coadiuvato da gruppi di insurrezionisti locali. Nella fredda e spietata logica dei gruppi terroristici, ogni parte di un attentato deve richiamare qualcosa, e forse la scelta del Deccan come simbolo della loro scellerata azione dovrebbe essere maggiormente sottolineato, potendo fornire chiavi di interpretazioni della vicenda (v. LeT).

ISI (Inter Services Intelligence) - Il potente servizio segreto del Pakistan, da alcuni considerato come il vero burattinaio che muove i fili della politica del Paese. Questo è decisamente uno dei punti più controversi del mio "glossario", nonché di tutta la vicenda: il premier indiano Manmohan Singh, nell'ambito di un più ampio blame game, un "gioco delle colpe" frutto dell'irrisolta questione del Kashmir, non ha esitato ad additare subito l'ISI (gli "elementi esterni al Paese" citati dal Primo Ministro indiano) come responsabile della strage, sebbene il presidente del Pakistan Zardari si sia subito premurato di offrire il suo cordoglio e la sua collaborazione alla Repubblica Indiana. Solo il tempo potrà, forse, dirci qual è il grado di coinvolgimento del Pakistan o di alcune sue agenzie governative nei fatti di Mumbai: per il momento tutti i discorsi sono semplici illazioni.

Israele - Quali saranno le reazioni di Israele, ancora non è dato saperlo, ma credo che a Tel Aviv siano tutti in fibrillazione. v. anche Stranieri

LeT (Lashkar-e-Toiba) - Una delle più importanti organizzazioni terroristiche dell'Asia del Sud, probabilmente legata a doppio filo ad Al Qaeda ed a certi ambienti dell'ISI (v. ISI). Al momento è considerata tra i principali potenziali mandanti della strage di Mumbai, per la precisione e il metodo militare che hanno contraddistinto gli attacchi. A sostegno di tale teoria vi sono inoltre l'odio dichiarato verso gli induisti e gli israeliani, in un'intento, a detta di molti analisti ispirato da Al Qaeda, che va ben oltre l'iniziale coinvolgimento nelle tensioni di confine tra India e Pakistan per la questione del Kashmir: la restaurazione di un potente califfato islamico su tutta la fascia del mondo arabo, dal Marocco all'India, il cosiddetto Califfato d'Oriente.

Leopold Cafè - Liquidato dai media italiani, in molti casi, come un "caffè molto frequentato da turisti e locali", è un simbolo di Mumbai, soprattutto tra i viaggiatori "zaino in spalla". Un crocevia di culture e di persone, di idee e di modi di pensare, di artisti e di criminali da letteratura, come ricorda magistralmente Gregory Roberts nel suo romanzo Shantaram. Colpire il Leopold significa colpire una delle mille anime di Mumbai, forse quella più affascinante.

MARCOS (Marine Commandos) - Noti anche come Magarmach (coccodrilli, in Hindi), rappresentano le unità d'elitè del governo indiano e sono considerate tra le forze speciali migliori di tutta l'Asia, se non del mondo, grazie ad un durissimo addestramento e ad una ferrea disciplina. Specializzate in antiterrorismo, infiltrazione nelle linee nemiche e recupero di ostaggi, il loro tardivo dispiegamento è oggi al centro delle critiche in India che, inserite in un più ampio contesto di inefficienza del Governo Indiano ad una pronta risposta ai fatti di Mumbai, ha portato alle dimissioni di molti esponenti di spicco della politica indiana. (v. Ministero dell'Interno).

Ministero dell'Interno - Secondo quella che ormai appare come una prassi di un "dopo-attentato", molte accuse sono state rivolte al Ministero degli Interni indiano, criticato da un lato perché incapace di prevenire un'azione del genere e cieco nei confronti delle avvisaglie della possibilità di un tale attacco, dall'altro per la mancanza di tempestività nella controffensiva (v. MARCOS). Shivraj Patil, Primo Ministro, ha, a mio avviso correttamente, assunto la "responsabilità morale" delle vicendi di Mumbai e si è dimesso.

Nariman House - Non solo un centro ebraico, ma un punto di riferimento per gli israeliani in India, sovente ragazzi che, dopo due anni di servizio militare (e due anni di servizio militare in Israele significano quasi due anni al fronte), decidono di scappare per almeno un anno verso l'India, attratti dalle delizie terrene che possono offrire posti come Goa o Pushkar, in Rajasthan, lasciandosi alle spalle gli orrori del conflitto. Per molti di questi ragazzi, il Chabad di Nariman House rappresenta un importante punto di contatto con il loro Paese, con la loro Cultura, e colpirlo significa colpire Israele, direttamente, al cuore.

Ospedali - Quasi nessuno ne parla, ma negli attentati sono rimasti coinvolti anche due ospedali, nella fattispecie un femminile e un pediatrico. Terrore indiscriminato?

Pakistan - v. ISI

Stati Uniti (e, di riflesso, Gran Bretagna) - la risposta alla strage di Mumbai sarà la prima vera sfida di Barack Obama nella lotta al terrorismo, vista la comprovata impossibilità di applicare efficacemente la "dottrina Bush". Per anni, gli Stati Uniti hanno considerato il Pakistan come baluardo della lotta al terrorismo, ma la triste realtà è che il governo pakistano è totalmente impotente nelle regioni di frontiera con l'Afghanistan, il Baluchistan e la North West Frontier Province, dove si suppone i talebani e Al Qaeda abbiano trovato rifugio e abbiano stabilito le loro basi operative. Nei prossimi mesi, indubbiamente, vedremo un forte cambiamento nell'approccio degli USA alla questione pakistana, sperando che ciò si traduca in una collaborazione più fattiva tra Washington e Islamabad per garantire la sicurezza nelle regioni di confine. La Gran Bretagna, ovviamente, si atterrà a qualunque istruzione fornita dall'America. v. anche Stranieri

Stranieri - i terroristi, stando alle prime dichiarazioni, avevano, probabilmente tra i tanti, un obiettivo ben preciso: americani, inglesi ed israeliani; ben nota è difatti la storia di un cliente inglese di uno degli alberghi assaltati, salvatosi dichiarando di essere un italiano. Naturalmente, questo fa correre immediatamente il pensiero ad un coinvolgimento di Al Qaeda, diretto o non, dal momento che circola da tempo la voce che i terroristi, ormai seriamente messi in difficoltà nel colpire con efficacia mediatica in America, Inghilterra ed Israele, abbiano deciso di ripiegare sul colpire bersagli appartenenti a tali nazionalità in luoghi "più facili".

Taj Mahal Hotel - Più che un albergo di lusso, il Taj rappresenta il simbolo della forza dell'economia e della volontà indiana. Così narra la "leggenda": Jamshetji Nusserwanji Tata, fondatore dell'omonimo impero industriale, le cui attività oggi spaziano dall'industria automobilistica al té, dalla telefonia mobile al sale, decise di costruire il Taj Mahal agli inizi del XX secolo, quando gli venne rifiutato l'ingresso in un hotel di lusso di Bombay riservato ai bianchi. Ho voluto definire questo racconto "leggenda" perché è con gli stessi toni con cui si narrano epiche gesta che questa storia mi è stata raccontata per la prima volta, a Colaba.

Trident Oberoi Hotel - Più moderno del Taj, ma altrettanto simbolico come centro del potere economico indiano. La conformazione del Trident Oberoi stesso, unito all'effetto sorpresa, ha offerto inoltre un enorme vantaggio tattico ai terroristi: posso testimoniare personalmente che l'albergo è un vero labirinto, dove anche gli esperti commandos indiani (v. MARCOS) hanno dovuto agire con estrema cautela.

Urdu - La lingua utilizzata dai terroristi, spersso indicata come elemento probatorio di un collegamento pakistano. Si tratta di una prova assolutamente indiziaria: secondo il CIA World Factbook, l'Urdu è parlato in Pakistan dall'8% circa della popolazione, ossia 13.500.000 persone, mentre in India è parlato da almeno 57.400.000 persone, pari al 5% della popolazione. Non va inoltre dimenticato che, a livello di lingua parlata, Hindi e Urdu presentano differenze molto poco marcate:, tant'é che i linguisti tendono ad identificare le lingue come due varianti dell'Hindustani. Come esperienza personale, ho notato che col mio scarso hindi riesco facilmente a farmi capire sia da madrelingua hindi che urdu.

Victoria Station (Chhatrapati Shivaji Terminus) - Nel programma politico della destra nazionalista indiana vi fu quello di eliminare, almeno nei nomi, tracce del passato coloniale indiano e così l'imponente Victoria Station, da cui nacquero le sterminate ferrovie indiane, cambiò ufficialmente denominazione, venendo intitolata all'eroe Maratha che, caso più unico che raro, riuscì a tenere testa agli invasori Moghul all'apice della propria potenza. Victoria Station, come ancora è chiamata da tutti, è il simbolo di Mumbai come punto di arrivo e di partenza di genti da tutta l'India e da tutto il mondo. Colpirla significa danneggiare l'immagine di Mumbai come un porto di mare, con tutte le implicazioni, positive e negative, ma sicuramente affascinanti, che questa definizione può racchiudere.