sabato 6 dicembre 2008

I nuovi martiri

"Some "former slaves" were being "persecuted" and intimidated by the landlords for "seeking to work for whom they choose." As a result of CMS (Church Mission Society) missionary interest in "runaway" slaves, and the CMS missionaries’ continued pressure on the State government, Pulayas were protected from further violence. The landlords were warned by the government against physical violence against dalits."

"Alcuni "ex-schiavi" sono stati "perseguitati" e intimidati dai loro padroni per "aver cercato di lavorare per coloro che hanno scelto". Quale risultato dell'interesse missionario della CMS (Società della Missione Cristiana) negli schiavi "fuggiti" e delle continue pressioni dei missionari della CMS sul Governo statale, i Pulaya sono stati messi sotto protezione contro ulteriori violenze. I padroni sono stati avvisati dal Governo sulle coneguenze di ulteriori violenze fisiche contro gli intoccabili."


A chi ha seguito negli ultimi mesi le cronache delle persecuzioni messe in atto contro i Cristiani in alcune zone dell'India, in particolare nello stato dell'Orissa, questo resoconto potrà sembrare di sconvolgente attualità. Si tratta, invece, di un rapporto del Governo locale sui disordini scoppiati a Travancore in seguito ad una conversione di massa di dalit (intoccabili), redatto nel 1858. Nel mondo cristiano, naturalmente, la notizia di quello che a tutti gli effetti si può definire un martirio ha lasciato l'opinione pubblica scioccata ma lo stesso fatto, nell'ottica indiana, si inserisce in un ben più vasto contesto.

Ritengo innanzitutto fondamentale porsi una domanda: chi sono i convertiti, e perché attirano tanto odio? La maggior parte delle conversioni avviene tra i dalit e gli adivasi, due tra le fasce più basse della società indiana, in cui, sebbene aborrito dalla Costituzione repubblicana, il sistema delle caste vige ancora e non sembra voler dare segni di cedimento, eccetto che, forse, nelle grandi città. La motivazione della discriminazione e dello sfruttamento di queste categorie, ben noti ha radici molto antiche: dalit (un termine "politicamente corretto" per indicare gli intoccabili) e adivasi (lett. "abitanti originari") sono i discendenti delle popolazioni originarie dell'India, sottomesse attorno al 1.500 a.C. dagli invasori indoeuropei provenienti dal Caucaso settentrionale, che introdussero in India il concetto della suddivisione della società in caste, non a caso indicato dal termine sanscrito Varna, ossia colore (della pelle). La religione induista, ossia la religione importata in India dagli indoeuropei, ha per secoli fornito la giustificazione teologica per l'oppressione e lo sfruttamento delle fasce più basse della popolazione, finché queste non hanno cominciato a sviluppare una coscienza di classe. L'obiezione, nel sistema sociale induista, non poteva che essere di natura religiosa, e questa portò ad un sempre maggior numero di conversioni, evolutosi in fenomeni di conversioni di massa, di cui i fatti di Travancore furono precursori, caldeggiate nel XX secolo dai nuovi leader politici di origine dalit o adivasi come strumento di liberazione sociale.

Il fenomeno non ha prodotto unicamente conversioni verso il Cristianesimo, ma anche e soprattutto verso altre religioni egalitarie, sia originatesi in India, come il Buddhismo o il Jainismo, che importate, come l'Islam. Il fenomeno ha assunto da tempo proporzioni preoccupanti per l'establishment conservatore indiano, dando luogo anche a provvedimenti al limite del paradossale: lo Stato del Gujarat, in un grossolano tentativo di bloccare le conversioni di massa, è arrivato a dichiarare in un atto legislativo chiamato, non senza una certa ironia, Gujarat Freedom of Religion Act, che Jainismo e Buddhismo sono "denominazioni" dell'Induismo e pertanto non si può parlare di conversione vera e propria. Per completare il quadro, bisogna specificare che lo Stato del Gujarat è una delle roccaforti del BJP, il partito conservatore indiano, espressione politica del movimento Hindutva, che predica un "ritorno alle radici dell'Induismo" e difende strenuamente i privilegi delle caste più alte della società indiana.

Le persecuzioni dei Cristiani in Orissa, principalmente popolazioni adivasi, perpetrate sia da attivisti del BJP che da altre tribù adivasi rimaste fedeli o all'Induismo o alla religione dei loro antenati e quindi ancora costrette nel Varna, vanno dunque inserite in questo più ampio contesto di "prevenzione" di ulteriori conversioni. Non si tratta solo di un attacco al Cristianesimo come religione in sé, ma di un attacco contro un fenomeno, di cui il Cristianesimo rappresenta un aspetto, che sta erodendo alle basi la concezione di società che ha caratterizzato l'India negli ultimi trentacinque secoli. Purtroppo, i passi che separano la paura dall'odio, e, in extrema ratio, dalla violenza sono molto brevi, specie quando la questione si sposta dal piano politico a quello religioso e dogmatico.


Nota bibliografica

Per i fatti di Travancore, ho attinto al breve saggio "Dalit Conversion and Social Protest in Travancore, 1854-1890", reperibile qui

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