domenica 22 marzo 2009

Viaggiare in India: da Delhi a Khajuraho

Atto I - da Delhi a Gwalior

Come tutte le stazioni ferroviarie dell'India, Hazrat Nizamuddin a New Delhi è un crogiolo di umanità dove ricchi e poveri, giovani e vecchi si trovano, accomunati da un viaggio su una delle reti ferroviarie più estese al mondo. Il Gondwana Express naturalmente è in ritardo e non c'è modo migliore di ingannare l'attesa che bere un chai in un chiosco, guardando le centinaia di persone che si accalcano nella stazione. Vedere le classi più basse dei treni mi fa venire i brividi: la mancanza di qualunque forma di prenotazione fa sì che nei vagoni si ammassino persone ben oltre il limite di capienza e solo i più agili e i più fortunati possono approfittare di una delle panchine di legno. Per fortuna la classe 2A in cui mi trovo io una volta salito sul treno è decisamente migliore e, dopo un sonno ristoratore durante il viaggio, raggiungo Gwalior, la prima tappa.

La prima impressione è la stessa di tutte le città dell'India del Nord, ossia di polvere, traffico e caos, ma la vista della fortezza che dall'alto di una collina rocciosa domina la città fa dimenticare tutti gli aspetti negativi.
Come ho già avuto modo di denunciare in un precedente post, il Forte di Gwalior, pur non avendo nulla da invidiare alle più rinomate fortezze del Rajasthan, giace in uno stato di forte incuria, dovuta verosimilmente al fatto che, non essendo una meta molto gettonata da parte dei turisti occidentali, non vi sono particolari interessi nel conservare al meglio l'area. L'altra faccia di questa medaglia è l'estrema cordialità della gente, che non ha ancora piegato la tradizionale ospitalità indiana alle esigenze del business, come testimonia il rifiuto di servire carne di agnello in un ristorante perché vecchia di un giorno.

Nella luce soffusa del tramonto, scendendo dalla rocca verso la città, si incrocia lo sguardo delle statue dei Tirthankar giainisti, la cui aura di seraficità impressa da secoli nella roccia non può non riportare alla mente le parole di Max Mueller: " Se mi venisse chiesto sotto quale cielo l'ingegno umano ha sviluppato alcuni dei suoi doni migliori, ha più profondamente ponderato sui più grandi problemi della vita ed ha trovato delle soluzioni, indicherei l'India".


Atto II - Da Gwalior a Orchha

Il Gondwana Express lentamente si avvia fuori della stazione di Gwalior e percorre le campagne sonnolente del Madhya Pradesh del nord, costeggiando le testimonianze in rovina di quelli che furono potenti Stati, come l'imponente e totalmente negletto palazzo di Datia. Il nome di Jhansi, importante nodo ferroviario e tappa obbligata per raggiungere Khajuraho, riecheggia nelle cronache delle lotte indiane per l'indipendenza: dal suo seicentesco forte infatti la Rani Lakshmibai, figura entrata a pieno titolo nel pantheon di eroi dell'India indipendente, mosse battaglia alle truppe inglesi durante la rivolta del 1857, cadendo nei pressi di Gwalior.

Ad una manciata di chilometri da Jhansi,
in un leggero avvallamento sulle rive del fiume Betwa, si trova Orchha, uno dei gioielli della regione del Bundelkhand. Dalle finestre dell'imponente palazzo si gode una vista magnifica sulla piana, la cui uniformità è intervallata unicamente dalle guglie dei numerosi templi costruiti a partire dal XVI secolo.

Atto III - Da Orchha a Khajuraho

Mancando un qualunque collegamento ferroviario, per raggiungere Khajuraho bisogna per forza affidarsi o ai numerosissimi pullman o ad un taxi privato. Le pessime condizioni della strada non permettono di superare una media dei 30 km/h in pullman o 50 km/h in auto, rendendo incredibilmente lungo un viaggio di circa 180 km. Se a Ranipur e Chhatarpur, tappe obbligate dei pullman sulla NH75, la presenza degli occidentali suscita curiosità ma non particolare stupore, diversa è l'impressione sugli abitanti dei villaggi di Mao e Nowgong, per cui il vedere dei bianchi scendere da una macchina e andare verso un banchetto di succhi di frutta non deve aver dato sensazioni diverse dal vedere degli alieni sbarcare da un disco volante.

Dopo un viaggio che sembra interminabile, si raggiunge finalmente Khajuraho, dove ad un'alta affluenza di turisti corrisponde, quasi logicamente, un gran numero di procacciatori d'affari, che in quasi tutte le lingue del mondo invitano i turisti nelle decine di negozi e alberghetti sparsi per la città. Famosa per i suoi templi decorati con motivi erotici (questa è una definizione molto da guida turistica, io parlerei tranquillamente di pornografici), Patrimonio dell'Umanità, Khajuraho è l'esatto opposto di Gwalior, ben tenuta, curata e oggetto di continui restauri. Anche se l'insistenza di venditori e procacciatori può essere a tratti snervante, rappresenta sicuramente una meta affascinante.

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