giovedì 29 gennaio 2009

Viaggiare in India: Bundi

Quando si dice il caso...

Penso che a Bundi, città del Rajasthan lontana dai canonici itinerari turistici, si possa finire unicamente per caso o per precisa volontà. Per quanto mi riguarda, è valsa la prima opzione: fino al mio arrivo a Jaipur ero deciso a raggiungere Jodhpur, ma, avendo realizzato che il fattore tempo mi sarebbe stato decisamente avverso, aprendo a casaccio la Lonely Planet alla ricerca di una meta più alla portata dei miei due giorni, rimasi colpito dalla descrizione della cittadina da parte dell’autrice e decisi sul momento di andarvi. Gli inizi di questo viaggio non sono stati decisamente dei migliori: in seguito alla festa di Holi, buona parte degli autobus governativi erano stati cancellati e l’unico appetibile, programmato per le 15.15, si mosse unicamente alle 16.15.


Incredibilmente, eravamo dieci persone su tutto l’autobus, compresi alcuni verosimilmente costretti dal controllore a salire per arginare i danni di un viaggio economicamente in passivo, il che ha permesso un viaggio molto comodo, anche se ho corso il rischio che il pullman venisse annullato per mancanza di passeggeri. Grazie al fido iPod, nonché al paesaggio antico della strada che, attraverso i centri abitati di Tonk e Deoli, mi avrebbe condotto a Bundi, il viaggio di 210 chilometri, ossia cinque ore e mezza, si è rivelato ancora meno pesante del previsto: le grandi suite del progressive rock, da "Atom Hearth Mother" ed "Echoes" dei Pink Floyd a "Tales From The Topographic Oceans" degli Yes, sono, a mio parere, la perfetta colonna sonora per le strade dell'India.

Arrivando a sole già tramontato, dopo una strada abbastana tortuosa, che nasconde la città fino all’ultimo, l’improvvisa vista del palazzo e del forte illuminati, in cima ad una collina, e della città alle sue pendici, mi ha subito fatto capire di aver avuto fortuna nella scelta della meta. Il viaggio dalla stazione degli autobus all’albergo ha sempre più confermato la mia impressione: a Bundi, grazie alla pressoché totale assenza delle orrende colate di cemento che caratterizzano la maggior parte dell’India, specialmente nelle zone a più alta affluenza turistica, il tempo sembra essersi fermato. Albergo ineccepibile in quanto a pulizia e cordialità della gestione, una gustosa cena a base di Chicken Masala e una bella birra Kingfisher ghiacciata (estremamente piacevole, dopo una giornata su un pullman governativo del Rajasthan State Road Transport Corporation privo di aria condizionata) e dopodiché, a dormire, per recuperare le forze in vista di una domenica dedicata all'esplorazione.

E così, dopo una bella dormita e una “parca” colazione all’indiana, a base di masala omelette, aloo parantha (pane ripieno di patate e cipolle) e masala chai (té allo zenzero), rinfrancato, ho dedicato la domenica ad esplorare il posto. Naturalmente la mia visita non poteva che cominciare dal palazzo, costruito, nella sua forma attuale, dai reali di Bundi attorno al XVII secolo. Il potersi immergere nell’ammirazione delle strutture e dei magnifichi affreschi nella quiete della domenica mattina, quando il sole e il caldo del Rajasthan di fine marzo offrono ancora un minimo di tregua, e soprattutto senza interferenze, visti i pochissimi turisti, è evento raro, ma può, per fortuna, ancora succedere. Aveva ragione Rudyard Kipling quando, descrivendo le meraviglie del Rajasthan, che visitò verso la fine dell'ottocento, scriveva: "the Palace of Bundi, even in broad daylight, is such a palace as men build for themselves in uneasy dreams -- the work of goblins rather than of men."

Un'esperienza ancora più surreale è quella che ho vissuto al Taragarh, il “Forte delle Stelle”, posizionato in cima ad una collina, totalmente abbandonato, dove eravamo ben quattro esseri umani (io e tre ragazzi indiani che si sono offerti di accompagnarmi) e un centinaio di scimmie, incuriosite dalla nostra presenza ma affatto pericolose. Dai suoi bastioni, la vista della città, da cui, a causa della distanza, è esclusa ogni traccia di modernità, fa pensare di trovarsi ancora nel XVII secolo, quando i signori di Bundi guardavano i loro domini. Unica nota dolente (non nel senso metaforico) sono stati i rovi, con aculei lunghi diversi centimetri, per i più poetici testimonianza della selvaggia natura del Rajasthan, per me causa di un dolore lancinante ai piedi.

Non è un caso che Rudyard Kipling si fosse fermato a soggiornare sulle rive del Jait Sagar, lago artificiale a tre chilometri dal centro abitato, sulle cui rive lo scrittore inglese compose i Racconti delle Colline. In posti come questo è possibile rivivere le sensazioni che hanno vissuto i primi Europei che giunsero in India e che hanno contribuito a creare la nostra immagine collettiva dell'esotico, del mistico e dello spirituale.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao!
ho letto questo tuo post sull'india...e mi domandavo: perchè non vieni a raccontare dei tuoi viaggi anche sul sito di trivago? così magari ci mostri anche tutte le immagini che hai scattato...

roberto 27 ha detto...

Carissimo Davide,
ho letto , per puro caso, navigando qua' e la' il tuo resoconto della visita a Bundi.Da amante dell'India (ho quindici viaggi sul groppone !)ho apprezzato la tua descrizione e mi sono immedesimato con le situazioni che hai vissuto perchè anch'io le ho vissute, però al Sud del magnifico continente che gli antici in sanscrito chiamavano Bharat.Su facebook,se ti fa piacere, puoi vedere qualche mia foto al nome Roberto Liotta. Cordiali saluti.