mercoledì 28 gennaio 2009

Jai Hind

Jai Hind”, lunga vita all’India: è questo l’urlo della folla, riscaldata dai raggi di un sole quasi primaverile, che annuncia l’inizio della parata per il Republic Day, la Festa della Repubblica che ogni anno, il 26 gennaio, in un misto tra parata militare e sfilata di carri allegorici, celebra l’orgoglio della Nazione indiana. Tradizionalmente, la parata si svolge sul Rajpath, il Sentiero dei Re famoso quale ambientazione del funerale di Gandhi nell’omonimo film di Richard Attenbourough, che collega l’India Gate all’imponente Rashtrapati Bhawan, ex residenza del Viceré inglese e oggi dimora del Presidente.

Il nuovo clima di timore che attraversa il Paese dopo gli attacchi di Mumbai si riflette nelle imponenti misure di sicurezza: le persone sono incanalate in percorsi obbligati, sotto lo sguardo vigile dei cecchini, appostati su tutti i palazzi che danno sul Rajpath, mentre è vietato l’ingresso nei lussuosi albergi Le Meridien e Shangri-La. L’accesso alle vie che portano alle tribune non è consentito dopo le nove e mezza, e questo da origine a brevi disordini tra la polizia e i civili che cercano di oltrepassare il cordone di sicurezza messo in piedi dalle autorità.

La prima e più toccante parte della cerimonia è riservata alla distribuzione delle Ashoka Chakra, medaglie al merito, che quest’anno sono quasi tutte dedicate postume agli eroi che hanno perso la vita a Mumbai, primo tra tutti Hermant Karkare, il capo dell’unità antiterrorismo della Polizia di Mumbai, caduto sotto il fuoco nemico durante l’assalto al Victoria Terminus. Le mogli e i parenti dei caduti ricevono dalla Presidentessa Prathiba Patil le medaglie tra gli scroscianti applausi della folla. L’onore dell’aprire la parata vera e propria spetta, come era facile immaginarsi, al Brahmos, il missile nucleare sviluppato dall’India come deterrente per i vicini più scomodi, seguito da altri mezzi militari e dal missile intercontinentale Agni-III, un ulteriore monito ai Paesi confinanti sulla capacità strategiche dell’India. Gli speaker decantano le lodi dei diversi mezzi e reggimenti che sfilano ordinatamente davanti alla tribuna d’onore, mentre gli elicotteri dell’esercito lanciano petali sulle tribune. Oltre ai militari, hanno l’onore di sfilare davanti alle autorità anche alcuni civili, tra cui i bambini insigniti del Brave Children Award.

In un secondo tempo, l’alta tradizione marziale ereditata dall’Impero Britannico, come dimostra il paradosso di indiani vestiti alla scozzese con tanto di kilt intenti a suonare delle cornamuse, lascia spazio al nazional-popolare, quando i carri allegorici dei diversi Stati dell’Unione Indiana imboccano il Rajpath: in una versione indiana del Carnevale di Viareggio, i carri degli Stati di Assam, Maharashtra, Tripura, Madhya Pradesh, Uttarakhand, Jammu & Kashmir, assieme ai carri dell’Indian Railways e di altre agenzie governative sfilano davanti alla folla festante. Il momento conclusivo della festa, dulcis in fundo, è rappresentato dal passaggio dei caccia dell’Indian Air Force, che si limitano ad un volo a bassa quota e all’esecuzione in un breve torneau.

Non mancano, ovviamente, gli aspetti curiosi della parata, tra cui è doveroso citare la mancanza per la prima volta degli elefanti, eliminati dal programma in quanto troppo suscettibili alla confusione delle migliaia di persone presenti, e le squadre in tuta arancione deputate alla raccolta degli escrementi generati dai reggimenti a cavallo e a dorso di cammello, costrette in certi casi dalle necessità dello spettacolo a seguire di corsa gli animali lanciati al trotto.

È nell’ammirazione e nell’orgoglio percepibili negli occhi degli Indiani presenti che si colgono dei significati in questa parata: ricordare all’India che è una nazione giovane, da soli sessant’anni indipendente e con un cammino lungo e pieno di insidie davanti; risvegliare negli Indiani l’orgoglio di cinquemila anni di storia e cultura. E, come il pavone fa bella mostra della sua ruota, ricordare che sono sì una democrazia, ma molto ben armata.

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